La giovane scrittrice valtellinese ha presentato il 28 maggio scorso al pubblico di Sondalo il suo romanzo d’esordio, Glaner, in cui la fantasia dell’autrice trasporta il lettore in una realtà immaginaria, affrontando tuttavia sentimenti e situazioni spesso più che reali.
L’opera ha avuto una lunga e precoce gestazione: dai primi abbozzi ai tempi delle scuole medie alla pubblicazione sono trascorsi sei anni di rielaborazioni, limature e revisioni, svolte in parallelo con gli studi scientifici prima e con quelli in storia dell’arte poi.
Alla presentazione del romanzo hanno partecipato Gian Paolo Serino, critico letterario e ideatore della rivista Satisfiction, e il regista Swan, che ha proposto a Jessica la realizzazione di un film tratto dal romanzo.
Glaner, ci racconta Jessica, è nato da un sogno, più che da’idea precisa:
Credo molto nei miei sogni; in questo caso non parlo di aspirazioni o progetti futuri, solo di quelle visioni notturne che non sappiamo mai spiegarci, così vivide a volte da trasformarsi in storie e racconti che vorremmo raccontare. Una sera ho sognato un giardino, una visione da sogno ricca di colori malinconici e possibilità fantastiche. In questa atmosfera così dolce doveva sedere una ragazza, un riflesso probabilmente di quello che ero io alle medie, ingenua, allegra e piena di domande. Solo che in questo frangente, la ragazza, la mia protagonista, avrebbe pianto di nascosto da tutti la morte del padre, la figura che in assoluto aveva rappresentato per lei la vera colonna portante della vita. Nel mio immaginario iniziale la visione rimaneva statica, poco più che un racconto breve, come il flash di una foto che commemora un evento particolare; poi nuovi personaggi hanno preso forma nella mia mente e tra le mie dita, nuove situazioni e intrecci, e Glaner ha cominciato ad assumere le proporzioni di qualcosa di più grande, più complicato, un vero e proprio romanzo di quasi cinquecento pagine!
Da dove trai ispirazione?
Come ho detto prima in particolare dai sogni, miei e raccontati (il più delle volte dalla mia sorellina Sara); quanto ai personaggi, spesso assumono caratteristiche che mi appartengono, modi di fare e piccole manie, altri sono una ruota di persone che incontro ogni giorno o che conosco da una vita, veri e propri personaggi che ho imparato ad ammirare e a cui voglio un bene dell’anima. I paesaggi invece, e in generale le ambientazioni, nascono dal reale: viviamo in paesi nascosti tra le montagne, luoghi dove il verde, l’inesplorato e il romantico sembrano più vicini che in qualunque altro luogo dove possa capitare di trovarsi. Quello che sto dicendo probabilmente non sarà condiviso o accettato da tutti, forse sono solo sciocchezze, ma sono una sognatrice e mi piace ricordare, nei tramonti che vedo quando cammino sola la sera nei prati, quei mondi fantastici in cui vorrei vivere; e il paese in cui sono nata mi regala questa possibilità tutti i giorni.
Quali sono i tuoi autori di riferimento?
Dall’esterno probabilmente sarebbe scontato citare autori fantasy; nella realtà l’autore a cui più di tutti faccio riferimento è Stephen King, non tanto per le trame e gli intrecci, più legati ad altri generi narrativi, quanto per la scrittura. Ogni pagina dei suoi libri è ricca di dettagli davvero vividi, di un lessico così particolareggiato da fare invidia, di un ritmo incalzante che non abbandona il lettore neanche per un secondo. Quello che penso sempre in riferimento a questo grandissimo autore è che porta l’abbandono nelle sue pagine, consente a chi si lascia catturare di evadere completamente dalla realtà.
Questo tuo interesse per un mondo immaginario può considerarsi una specie di fuga dalla particolare realtà della Valtellina?
No, non credo. In realtà è più un’evasione da schemi comuni. Siamo costretti troppo spesso a cedere a dei compromessi, a fare delle scelte cui dobbiamo adeguarci per forza, nonostante non ci rendano felici; proprio per questo scrivo: nei miei mondi ogni regola, persino la più banale, è mia.
Come riesci a conciliare questa tua passione per il fantasy con la tua formazione scolastica di carattere scientifico? Trovi che le due cose siano in contraddizione?
Quando si crea una storia, c’è un bisogno fortissimo che tutte le situazioni, ogni oggetto, ogni dettaglio collabori così strettamente con gli altri da formare un mosaico perfetto: ogni storia in sé è un’equazione che nasconde milioni di incognite. E’ il modo che ho assunto per descrivere un lavoro di scrittura; se derivi dalla mia formazione scientifica non lo so, ma so che se tornassi indietro nel tempo la mia scelta rimarrebbe la stessa, e quando una persona è convinta di una cosa del genere, è come se le contraddizioni non esistessero.
La stesura di Glaner sì è svolta nell’arco degli anni di studio: l’hai vissuta come momento di evasione o di lavoro?
Sicuramente più come un’evasione, mai come un lavoro. E’ come ridere o giocare, qualcosa che viene perfettamente naturale, qualcosa di cui si ha bisogno quando non si riesce ad averne di più.
Oltre al fantasy, quali altri generi ti interessano?
Sono molto aperta a quasi tutti i generi letterari, anche se non apprezzo davvero i gialli e i romanzetti rosa.
Ti piacerebbe esplorarli come autrice?
Ho provato a cimentarmi con il genere horror (avendo Stephen King come riferimento, mi sembrava un passaggio ovvio), l’unico problema che ho incontrato è che sono sempre stata convinta che per trasmettere un’emozione vera al lettore, lo stesso autore deve provarla e sentirla sulla propria pelle. Capirete perciò che quando mi sono trovata sola in casa con i miei “pensieri dell’orrore” e la mia fedele macchina da scrivere come unica compagnia, tutto quello che sono riuscita a fare dopo poche righe è stato correre nel letto a rifugiarmi sotto le lenzuola in preda agli incubi!
All’incontro di presentazione del tuo romanzo a Sondalo, il 28 maggio scorso, il regista Swan ha annunciato di voler tradurre Glaner in una versione cinematografica: saresti interessata a curare anche la sceneggiatura del film?
Ne abbiamo parlato, ma la verità è che avrei bisogno di un insegnante che mi segua passo per passo perché è un tipo di scrittura che non conosco.
Hai altri romanzi nel cassetto?
Naturalmente! La stesura infinita di Glaner (quasi sei anni) è scandita dalle pause che mi sono presa di tanto in tanto per allontanarmi da quella storia che a volte diventava troppo claudicante. Come quando si scarica la tensione accumulata per troppo tempo pensando a tutt’altro, così sono nati: racconti brevi, poesie, incipit (spero) di nuovi romanzi, etc.. Ora come ora ho un solo romanzo finito, Liebe, che però ha bisogno di una bella correzione; quanto al resto, spero di avervi incuriositi abbastanza da poter aspettare qualche tempo per scoprirlo!
Intervista a cura di Ilaria Demonti